Fragilità@Work

MaCro@Work – Malati cronici al lavoro, un progetto di ricerca per occuparsene creando caring organisations

1. Contesto

Viviamo tutti più a lungo e questo è innegabilmente un dato positivo dovuto ai progressi scientifici che negli anni hanno accresciuto la speranza e la qualità di vita di tante persone affette da gravi patologie croniche. Questa buona notizia ha importanti implicazioni di carattere sociale poiché sempre più spesso persone malate riescono a condurre una vita attiva e soddisfacente. La rilevanza di questo tema ha cominciato ad affacciarsi anche nei contesti organizzativi poiché sempre più frequentemente persone affette da patologie croniche riescono a conciliare le terapie con l’impegno lavorativo. Molte evidenze empiriche dimostrano che lavorare durante una malattia, o tornare al lavoro, può migliorare la qualità di vita di molti pazienti (Maunsell et al., 1999) e accrescere le possibilità di guarigione.

La possibilità di continuare a svolgere la propria attività professionale offre alle persone affette da patologie croniche un senso di normalità, l’appartenenza ad una comunità, un rinforzo alla propria autostima in un momento di particolare fragilità. Al tempo stesso, per quanti riescono a lavorare o a tornare al lavoro, vi sono evidenze che mostrano come le malattie croniche incidano sulla retribuzione, sulla capacità di lavorare, sul turnover lavorativo e sui livelli di disabilità. Anche le relazioni con i colleghi possono essere fonte di tensione per le persone malate e per l’intero gruppo di lavoro. Ad esempio, la ridistribuzione temporanea dei carichi di lavoro può inizialmente essere tollerata, ma alla lunga può alimentare risentimento. La mancanza di comprensione delle reali difficoltà di chi affronta una malattia cronica può portare ad un clima di biasimo e a fenomeni di stigmatizzazione che possono indurre le persone a nascondere la propria patologia.

Dunque, la presenza di colleghi che presentano malattie croniche rappresenta una sfida per Le organizzazioni ricca di opportunità ma anche di alcune zone d’ombra che vanno adeguatamente affrontate. Nelle organizzazioni emerge, infatti, la necessità di capire le complesse implicazioni che la presenza di un collega malato cronico determina nei rapporti con il capo, con i colleghi e con il lavoro stesso.

2. Finalità e metodologia

Il progetto di ricerca promosso dalla Fondazione Lavoroperlapersona si propone quindi di affrontare il tema della gestione dei collaboratori che vivono una patologia cronica con l’obiettivo di individuare le principali criticità di natura culturale, organizzativa e gestionale legate a questa condizione e far emergere barriere e opportunità organizzative per migliorare l’esperienza di lavoro durante una malattia cronica.

La ricerca è rivolta ad accrescere la sensibilità su un tema le cui ricadute sono davvero vaste a livello economico e sociale, muovendo da un contesto specifico, ovvero gli ambienti di lavoro, che rappresentano il luogo in cui le persone trascorrono larga parte loro tempo. È questo il terreno ideale per costruire delle riflessioni e delle prassi che possono contribuire a creare migliori condizioni di vita e di lavoro per le persone e ad accrescere il valore delle organizzazioni. Il progetto prevede, quindi, il coinvolgimento di imprese e organizzazioni pubbliche e private che desiderano affrontare con attenzione il tema dell’inclusione e della piena valorizzazione di quanti nei propri contesti di lavoro soffrono di una patologia cronica.

La ricerca, che si avvale di metodologie qualitative e quantitative, prevede il coinvolgimento di una pluralità di interlocutori che interagiscono con la persona malata – capi, colleghi, funzione HR – per acquisire su un tema così importante percezioni e vissuti molto eterogeni

3. Prime evidenze

Pur essendo in una fase preliminare, la ricerca ha consentito di mettere in luce alcuni temi importanti. Ad esempio, la «disclosure», ovvero la decisione da parte dei collaboratori malati di comunicare la propria condizione di salute a capi/colleghi/funzione HR, rappresenta un aspetto molto delicato. In coerenza con altri studi (Munir et al., 2005; Pryce et al., 2007), dai nostri dati emerge che il processo di condivisione può essere ostacolato da diversi fattori, quali il timore di essere stigmatizzati ed essere oggetto di comportamenti discriminatori. Di contro, la mancanza di informazioni precise sulle condizioni di salute rende l’organizzazione “cieca” e pregiudica qualunque intervento a supporto delle persone malate. Infatti, quanti hanno scelto di rendere note le proprie condizioni indicano che sentirsi supportati rappresenta un’importante risorsa per quanti si trovano ad affrontare un periodo, talvolta particolarmente lungo, di fragilità fisica e conseguentemente psicologica.

Evidenze importanti emergono anche rispetto alle implicazioni della condizione di malattia cronica sulla motivazione e le abilità delle persone. La ricerca mette in luce un quadro in chiaro-scuro, dal quale è possibile evincere come la malattia cronica non sia associata ad una “perdita assoluta” in termini di abilità e motivazione quanto, piuttosto, ad una loro ridefinizione. Tra i malati coinvolti nel progetto alcuni evidenziano un prevalente impatto negativo della malattia in termini di riduzione/perdita di abilità e motivazione, altri riportano degli “aspetti inattesi e positivi” collegati alla condizione cronica. Nel complesso, emerge come la malattia segni un momento di discontinuità importante nella vita personale e professionale che determina una ridefinizione, a volte anche molto significativa e profonda, delle proprie abilità e motivazioni legate al lavoro.

È la percezione di sé stessi, nonché il modo in cui si viene percepiti dagli altri in relazione al proprio contesto di lavoro, che si modifica e rende necessaria una ristrutturazione rispetto al sé.

Risorse e caratteristiche individuali (personalità, ottimismo, locus of control) sono fattori che determinano la capacità della persona di affrontare in modo costruttivo questo processo di ridefinizione, ma altrettanto importanti e significativi risultano una serie di fattori legati al contesto di lavoro, sia a livello inter-personale e di team/unità (es. supporto del capo, supporto dei colleghi, coesione e dinamiche di gruppo), sia a livello organizzativo (cultura organizzativa, formazione, pratiche e politiche organizzative di work adjustment come tele-lavoro, flessibilità, servizi di counseling ecc.). È su queste dimensioni che le organizzazioni devono quindi investire per diventare ambienti sempre più inclusivi.

4. Riferimenti Bibliografici

  • Boot, C. R., van den Heuvel, S. G., Bültmann, U., de Boer, A. G., Koppes, L. L., & van der Beek, A. J. (2013). Work adjustments in a representative sample of employees with a chronic disease in the Netherlands. Journal of Occupational Rehabilitation, 23(2), 200-208.
  • Maunsell E, Brisson C, Dubois L, Lauzier S, Fraser A. (1999). Work problems after breast cancer: an exploratory qualitative study, Psycho-Oncol, 8: 467–473.
  • Munir, F., Leka, S., & Griffiths, A. (2005). Dealing with self-management of chronic illness at work: predictors for self-disclosure. Social Science & Medicine, 60(6), 1397-1407.
  • Pryce, J., Munir, F., & Haslam, C. (2007). Cancer survivorship and work: symptoms, supervisor response, co-worker disclosure and work adjustment. Journal of Occupational Rehabilitation, 17(1), 83-92.
  • Varekamp, I., Heutink, A., Landman, S., Koning, C. E., De Vries, G., & Van Dijk, F. J. (2009). Facilitating empowerment in employees with chronic disease: qualitative analysis of the process of change. Journal of Occupational Rehabilitation, 19(4), 398.



Ricerca a cura di:

Laura Innocenti

Lecturer di Gestione risorse umane e organizzazione – Università LUISS Guido Carli e LUISS Business School

Ha conseguito il PhD in Human Resource Management and Organizational Behaviour presso il King’s College London. Ha lavorato per oltre dieci anni nella Direzione Risorse Umane di Telecom Italia, occupandosi di tematiche relative alla selezione e sviluppo del personale ed all’organizzazione. Ha collaborato come senior consultant per diverse società di consulenza, tra le quali Great Place to Work Institute Italia, nella realizzazione di progetti finalizzati all’analisi del clima organizzativo. Fa parte del People Management Competence Centre & Lab della LUISS Business School, dove si occupa di formazione, ricerca e consulenza sui temi di people management e organizzazione.

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